domenica 29 marzo 2009

Mix Energetico



Qual è il futuro assetto più auspicabile per il parco di produzione di energia elettrica italiano? Un confronto internazionale consente un riscontro delle anomalie che affliggono il settore elettrico italiano. Una visione dei contributi percentuali delle diverse fonti energetiche alla produzione elettrica lorda di cinque Paesi dell'Unione Europea, tra cui l'Italia, che hanno una produzione maggiore dell'1% della produzione elettrica mondiale può dare delle indicazioni di come il settore elettrico nazionale dovesse allinearsi con i valori medi di altre nazioni maggiori produttrici di elettricità.
L'Italia dovrebbe diminuire drasticamente la sua quota di produzione di energia elettrica da gas naturale, aumentare la sua quota di carbone, produrre energia nucleare. Non è detto che queste ricette drastiche siano sensate. Purtroppo i risultati di scelte energetiche del passato sono assai poco lusinghieri. Siamo il maggior importatore di energia elettrica al mondo e abbiamo un costo dell'elettricità superiore alla media europea. Infatti la dipendenza energetica è all'85% e si conferma come la più alta fra i Paesi industrializzati e la strutturale debolezza del sistema di approvvigionamento e di stoccaggio del gas rimane invariata. Il gas continua ad arrivare quasi per il 100% del fabbisogno via tubo, unica eccezione europea in un panorama in cui il resto dei Paesi è dotato di impianti di rigassificazione per circa il 50% del loro consumo. I principali Paesi che forniscono gas naturale all Europa sono Russia e Algeria; l'insostituibilità delle forniture russe e algerine conferisce a questi Paesi un potere oggi difficilmente contrastabile. Usiamo, nell'80% della produzione elettrica nazionale, i combustibili fossili, in Germania siamo poco sopra il 60%.
Se si vogliono ridurre il deficit competitivo dei costi di produzione e la criticità di approvvigionamenti del sistema elettrico nazionale, l'opzione più ragionevole,a breve termine, è il ricorso al clean coal technologies ossia processi produttivi basati sul consumo di carbone, ma rispettosi dell'ambiente. L'obiettivo a medio lungo termine è di abbattere drasticamente le emissioni di CO2 del settore elettrico, obiettivo che richiede una massiccia introduzione di centrali a bassissime emissioni compreso anche il potenziamento di provvedimenti, già in atto, a favore delle fonti rinnovabili con migliori prospettive di economicità nel medio termine (eolico, biomassa, solare termodinamico).

Fonte: Rivista AEIT Gennaio/Febbraio 2009

mercoledì 25 marzo 2009

Il silenzio della stampa cubana


Il 14 marzo di ogni anno è la giornata della stampa cubana. Quest'anno (2009) il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ha allentato le restrizioni che impedivano ai cubano americani di tornare sull'isola. Precedentemente a questa decisione gli emigrati non potevano fare visita ai loro familiari a Cuba più di una volta ogni tre anni. Anche le rimesse inviate ai parenti nell'isola rispettavano limiti stringenti. Se si considera la fragilità dell'economia cubana, i soldi provenienti dagli Stati Uniti sono indispensabili per la sopravvivenza del sistema Paese. In un Paese che conta due milioni cittadini dall'altra parte dello stretto della Florida, questa notizia avrebbe dovuto occupare le prime pagine di tutti i giornali. Invece la stampa cubana non ha parlato dell'importante decisione di Obama: anche le autorità locali hanno risposto con il silenzio. Nella strada nessuno parla d'altro e i genitori si preparano ad accogliere i figli che vivono a nord, i media ufficiali non hanno dedicato all'argomento nemmeno una riga. I telegiornali hanno trasmesso lunghi servizi del mestiere e sulla fedeltà dei giornalisti alla rivoluzione, la stampa si è occupata della raccolta delle patate, della rivoluzione boliviana e .. dei festeggiamenti della stampa cubana.


Fonte: Internazionale del 20/26 marzo 2009 n. 787

Per approfondimenti su aspetti di vita cubana visita il blog di Yoani Sanchez

venerdì 20 marzo 2009

Fusione nucleare




Il fabbisogno energetico di un milione di persone del mondo avanzato è stimabile in una quantità di energia equivalente a quella di 9.000 tonnellate di carbone al giorno. Tutte le fonti energetiche, sia quelle tradizionali che quelle "alternative" devono far parte di un piano di razionalizzazione sia della produzione sia del consumo.
In alternativa allo sfruttamento dei combustibili fossili, sono disponibili diverse sorgenti di energia, definite rinnovabili ed ecocompatibili, quali ad esempio l'energia eolica, geotermica e solare. Questi fonti di energia sono legate, oltre a disponibilità intermittenti, alla bassa densità di energia ricavabile, che implica l'uso di aree di produzione molto estese. Una centrale che produca 1 GW di potenza elettrica sfruttando il fotovoltaico solare alle nostre latitudini, con la tecnologia attuale, richiederebbe un'area di circa 20 chilometri quadrati ricoperta di pannelli solari a film sottile di silicio amorfo. Allo stato dell'arte, le fonti rinnovabili si possono dimostrare molto utili nel quadro di una diversificazione delle fonti energetiche e in un contesto in cui si punti anche a risparmi sui consumi di energia, ma da sole non riescono a soddisfare la domanda crescente di energia, spinta anche dal crescente incremento della popolazione mondiale. Si deve quindi puntare su processi produttivi di energia ad alta densità e a limitato impatto ambientale.
Se escludiamo i combustibili fossili, processi di produzione di energia ad alta intensità sono i meccanismi di disintegrazione (fissione) e di sintesi (fusione) dei nuclei di alcuni elementi.
Ogni nucleo di elemento esistente in natura ha energia di massa propria, diversa da quella di un altro elemento. La rottura per "fissione", di elementi pesanti in elementi leggeri, o la sintesi, per fusione, di nuclei leggeri in nuclei pesanti, libera una quantità netta di energia uguale alla differenza di massa tra i nuclei originari e quelli risultanti, moltiplicata per la velocità della luce elevata al quadrato. Il processo di fissione avviene con minima energia di innesto e, nei reattori, libera energia in modo controllato. I prodotti della rottura di un atomo pesante (uranio o plutonio) in atomi di peso più leggeri sono nuclei radioattivi e rimangono tali per lunghissimo tempo detto tempo di decadimento. Rappresentano quindi scorie impossibili da smaltire e difficili da immagazzinare.
La fusione dei nuclei leggeri invece richiede una quantità considerevole di energia di attivazione per avvicinare i due nuclei, che sono entrambi caricati positivamente e subiscono una repulsione elettrostatica. Le alte temperature richieste dalla fusione pongono un problema concreto: nessun materiale può resistere a centinaia di milioni di gradi. Negli ultimi anni si è cercato di risolvere il problema creando dei campi magnetici che evitino il contatto del plasma (nuclei leggeri separati dagli elettroni) con le pareti del reattore.
Anche nella fusione nucleare è necessario gestire lo smaltimento dell'elio (gas nobile incolore e inodore con simbolo He) e dalle scorie costituite dal trizio (isotopo dell'idrogeno con un nucleo formato da un protone e da due neutroni con simbolo T) ma sia l'intensità che la quantità di scorie radioattive è di molto inferiore rispetto a quelle risultanti da un processo di fissione nucleare.
La radiazione beta a bassa energia dal decadimento del trizio non può penetrare la pelle umana e quindi il trizio è dannoso solo se ingerito o inalato. Dopo 12,5 anni la radioattività del trizio si dimezza e dopo 100 anni diminuisce di 250 volte. Potenziali pericoli di contaminazione per gli operatori e per gli abitanti, durante il normale funzionamento, potrebbero essere costituiti da perdite accidentali di trizio e di polveri. Durante la vita di un reattore si utilizzano circa 16 Kg di trizio e non ne sono presenti mai più di 3 Kg alla volta. In caso di incidente ne può essere perso circa 500 g ma con sistemi di sicurezza a barriere di confinamento multiple per la radioattività , la perdita sarebbe inferiore.
Il trizio insieme al deuterio (altro isotopo stabile dell'idrogeno con simbolo D) viene utilizzato per la fusione nucleare con un risultato di ottenere un atomo più pesante (elio) e un'elevata quantità di energia. La fusione nucleare non è un processo a catena, come la fissione, e il combustibile va fornito continuamente per sostenere la reazione. Il combustibile dei reattori a fusione è dato dal deuterio e dal litio (elemento chimico del gruppo metalli alcalini non presente allo stato naturale ma sotto forma di composti) entrambi presenti nell'acqua marina e nelle rocce e geograficamente distribuiti in modo uniforme sul pianeta. 200 Kg di litio e 100 Kg di deuterio possono produrre 1000 MW di potenza elettrica.
La ricerca sulla fusione nucleare ha l'obiettivo di rendere disponibile una sorgente di energia rispettosa dell'ambiente, sicura ed economicamente competitiva, con la prospettiva che con 100 Kg di un combustibile praticamente inesauribile e largamente disponibile, possa produrre tanta energia quanto un milione di tonnellate di petrolio. Molti Paesi sono impegnati in questa ricerca, in una collaborazione scientifica che ha portato all'avvio della costruzione di ITER, un reattore a fusione sperimentale in grado di produrre 500 MW di potenza di fusione nucleare.
La sfida che la fusione nucleare dovrà vincere è che l'energia prodotta superi quella necessaria per produrla. Una misura delle prestazioni di un reattore è il fattore di guadagno Q, definito come rapporto tra la potenza di fusione prodotta e la potenza immessa nel plasma. Attualmente si prevede di realizzare reattori che operino in modo affidabile in un regime di guadagno Q tra 30 e 40.
La fusione nucleare è tra le promesse più affascinanti, tra le tecnologie con potenziale veramente altissimo, come sorgente di energia rispettosa dell'ambiente, sicura e sufficientemente economica anche se di tecnologia altissima e delicata. Da sottolineare infine che l'elettricità prodotta da una centrale a fusione può essere vantaggiosamente accoppiata ad un impianto di produzione di idrogeno, che è un vettore d'energia ecologico attualmente con costi di produzione elevati.

"Tutto il cosmo si alimenta di fusione, senza di essa non esisterebbe la vita. l'energia solare è il prodotto della fusione che avviene a 149 milioni e mezzo di chilometri dalla terra"

Fonte dati: Rivista AEIT dicembre 2008

lunedì 16 marzo 2009

La sfida del Green IT


Il Green IT è una disciplina emergente che studia l'impatto ambientale dei sistemi IT, che secondo recenti statistiche, elaborate dagli analisti di Gartner (Advisor con migliaia di clienti in tutto il mondo), sono responsabili a livello mondiale del 2% delle emissioni di anidride carbonica. Secondo una ricerca del Gesi (Global eSustainability Initiative) le emissioni di CO2 provenienti dall'Information Technology sono pari a quelle del settore aeronautico. Nel 2007 il mondo elettronico (pc, server, periferiche, reti di telecomunicazione ecc.) ha prodotto 830.000 tonnellate di Co2. Cifra che dovrebbe salire a 1,4 miliardi di tonnellate nel 2020.
Il consumo energetico dei sistemi IT ha inoltre un fortissimo impatto sui costi di gestione.
Da un articolo tratto dalla Rivista Mondo Digitale, n. 4. Dicembre 2008 emergono i seguenti dati:
  • ogni PC genera una tonnellata equivalente di CO2 al'anno. La tonnellata equivalente di CO2 è l'unità di misura che permette di pesare insieme le emissioni dei vari gas serra aventi differenti effetti sul clima. Ad esempio il metano ha un potenziale serra 21 volte rispetto alla CO2, e per questo una tonnellata di metano viene contabilizzata 21 tonnellate equivalenti di CO2;
  • Un server consuma energia per la cui produzione viene emessa la stessa quantità di CO2, prodotta da un SUV che percorre 25 Km;
  • Un moderno server blade consuma circa 1 kW, tanto quanto il figorifero di casa. Conseguentemente, un rack di server blade formato da 5 scaffali con 8 unità ciascuno, consuma 40 kW, l'equivalente di una palazzina;
  • Un data center di medie dimensioni consuma circa 250 kW, come un quartiere. mentre i grandi data center che servono, a titolo di esempio, grosse banche o Internet Service Provider, possono arrivare a consumare 10 MW, l'equivalente di una cittadina.
Il termine Green IT può essere riferito a tre aree tematiche specifiche
  • l'efficienza energetica del'IT;
  • la gestione eco-compatibile del ciclo di vita dell'IT;
  • l'utilizzo dell'IT come strumento per una governance green.
Ci sono tre buoni motivi per cui il Green IT è molto importante.
  • l'IT ha un impatto ambientale significativo;
  • il consumo energetico dell'IT costa;
  • il fabbisogno energetico è un limite alla scalabilità dell'IT.
Il costo dell'energia consumata dai sistemi IT copre una parte significativa del Total Cost of Ownership (TCO) in italiano Costo totale di proprietà o Costo totale di possesso.
Il TCO rappresenta un approccio sviluppato da Gartner nel 1987 per calcolare tutti i costi del ciclo di vita di un'apparecchiatura informatica IT, per acquisto, gestione e dismissione per obsolescenza tecnologica.
Se il costo dell'hardware negli ultimi anni è cresciuto molto debolmente, il costo per alimentare e raffredare i sistemi è quadruplicato. Oggi il costo di energia e raffredamento rappresenta circa lil 60% della spesa in nuove infrastrutture con un impatto significativo sul TCO. Tale impatto, si pò presumere, è destinato a crescere ulteriormente come conseguenza dell'aumento del costo unitario dell'energia.
La maggior parte delle organizzazioni non conosce la bolletta energetica delle proprie attività. E' difficile quindi ottimizzare ciò che non si conosce, ed poco probabile che un responsabile IT sia incentivato ad investire risorse per diminuire i consumi energetici dei "suoi" apparati quando i relativi costi non afferiscono al suo budget. Un corretto approccio al Green IT nn può prescindere da una visione strategica all'interno della organizzazione, con i cambiamenti culturali e organizzativi che ne conseguono.
L'inquinamento di cui l'industria IT è responsabile non dovuto solo al consumo di energia. ma anche dalle sostanze tossiche disperse nell'ambiente. Secondo delle statistiche, pubblicate da Gartner nel 2007, il 70% dell'inquinamento del suolo da piombo,cadmio e mercurio deriva direttamente o indirettamente dall'IT.
I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), chiamato anche Waste Electric and Electronic Equipment (WEEE) sono tutti rifiuti di tipo particolare derivanti da qualunque apparecchiatura elettrica od elettronica che viene dismessa, in quanto guasta od obsoleta. Tali rifiuti, che contengono sostanze tossiche e non biodegradabili, costituiscono un rischio sempre maggiore per l'ambiente che ci circonda. La ricerca Green IT in questo campo si occupa di ridurre le sostanze inquinanti presenti nella componentistica a partire dal processo produttivo ottimizzando anche l'imballaggio e dovrebbe approfondire le diverse tecnologie di recupero dei componenti dismessi.
La recente direttiva WEEE dell'Unione Europea (2002/95/CE), recepita n Italia dal Decreto RAEE (D.lgs. 151/2005) stabilisce precise norme per la raccolta differenziata e il recupero di tali rifiuti. Si tratta di un passo importante ma purtroppo ancora oggi troppi rifiuti IT vanno a "morire" in un vasto, non controllato e disorganizzato "sistema per lo smontaggio di apparecchiature elettroniche" in Paesi dell'Africa e dell'Asia con gravi problemi per la salute delle persone che operano in questo infernale sistema e per l'ambiente. Per avere un'idea delle estreme condizioni insalubri in cui i riciclatori, di quei Paesi, sono costretti a sopportare giornalmente e nell'ombra vi invito a prendere visione del servizio fotografico (giugno 2008) di Robert Knoth dal titolo Scraplife - e waste in Pakistan (vite da scarto - rifiuti tecnologici in Pakistan).
Le considerazioni sopra esposte dovrebbero dimostrare come il Green IT implica un problema dal quale non si possa prescindere. L'impatto ambientale dei sistemi IT ha una valenza morale, in quanto riguarda il pianeta Terra. ll Green IT offre peraltro interessanti opportunità di risparmio mettendo in atto, fin da subito, accorgimenti il cui impatto potenziale è molto alto.